Da un’idea di Giorgio Bettini, il compianto past president del CAI di Imola, ha preso corpo l’idea di realizzare un film su Mario Fantin, l’inventore della documentazione sull’alpinismo extraeuropeo degli italiani.L’iniziativa è stata presentata martedì 4 ottobre presso la sede del CAI, presente Luca Calzolari, direttore di Montagne 360°.
Bolognese di famiglia originaria del Friuli, Mario, ragioniere, sembrava destinato alla tranquilla attività commerciale di famiglia ma la sua abilità con la macchina da presa e la passione per l’alpinismo lo portarono a filmare la più importante impresa alpinistica italiana del Dopoguerra: il vittorioso tentativo italiano al K2, la seconda vetta della Terra. Da quel momento fu un susseguirsi di spedizioni in ogni angolo del pianeta, dai ghiacci della Groenlandia, all’africano Ruwenzori, dal Sahara, alle Ande peruviane. Gradualmente nacque in Fantin l’idea di non limitarsi a filmare le scalate ma di raccogliere anche della documentazione etnografica sui popoli delle montagne del mondo e soprattutto di costituire un archivio con tutta la documentazione possibile sull’attività degli alpinisti italiani in tutte le catene montuose del globo. Fece propria, con orgoglio, la definizione di “ragioniere dell’alpinismo italiano nel mondo” e si buttò, con fervore maniacale, nell’opera.
Realizzò centinaia di cartine e di bellissimi schizzi di vie di arrampicata, decine di migliaia di foto di ambienti e di documenti e una decina di volumi che sono ancora dei classici enciclopedici sulle montagne del mondo. Altruista, pronto a fornire a chiunque lo richiedesse le informazioni che andava raccogliendo, ben presto si rese conto dell’immane difficoltà dell’opera solitaria intrapresa ed entrò in una sorte di depressione. Conformista in tanti aspetti della vita, incapace di capire l’evoluzione della società e dell’alpinismo, si rendeva però conto non solo della propria incapacità di trasmettere, negli scritti, lo spirito d’avventura che è alla base dell’alpinismo ma di quanto gli mancassero, nel suo “mondo in una camera” di archivista, i grandi spazi selvaggi dei deserti, dei ghiacci e delle montagne. Depressione che lo portò a chiudere con la vita a 57 anni. Ci ha lasciato comunque un’imponente mole di documenti, uno spaccato ineguagliato dell’andare in montagna fino agli anni settanta e il suo centro di documentazione, ospitato nel museo nazionale della montagna di Torino è stato, per decenni, la fonte di informazione, in principale, in italiano, per chi organizzava delle spedizioni. Adesso che ogni impresa, anche alpinistica, si brucia in un attimo, dove la diretta della vidoecamera fissata sul casco sembra sostituire preparazioni, riflessioni, considerazioni, che senso può avere indagare sul ragioniere delle montagne? Penso ne abbia ancora perché se da un lato l’enorme facilitazione che ha portato delle folle di alpinisti e di trekkers verso le mete più famose sembra aver trasformato tutto in un parco-giochi, a poca distanza esistono ancora immensi spazi per chi vuole vivere e confrontarsi lealmente con le grandi montagne e qui la “cultura” dell’alpinismo conta.
Il film è in fase di realizzazione con regia di Mauro Bartoli di Imola, prodotto da Apapaja Srl e LabFilm. E’ in corso una raccolta di fondi per questa realizzazione i cui dettagli sono descritti nella pagina facebbok dell’evento.
Antonio Zambrini