La scoperta delle cave romane di lapis specularis a Monte Mauro, nella Vena del Gesso – MER 25 ottobre ore 21
Gli speleologi della federazione regionale che individuarono la cavità nella Vena del Gesso da cui si estraeva il lapis specularis ci racconteranno l’avvincente storia di come si è arrivati a queste scoperte durante la serata conclusiva delle celebrazioni del 90° anniversario del Cai imolese, che avrà luogo mercoledì 25 ottobre, alle ore 21, presso la sala del Capitolo dei Musei Civici di Imola.
Nel novembre del 2000 alcuni speleologi individuarono nei pressi di Monte Mauro diverse cave in cui si è praticata, in età romana, l’estrazione del gesso speculare: quelle nella Vena del Gesso Romagnola sono le prime mai scoperte in Italia.
ll lapis specularis è un gesso a grandi cristalli trasparenti (lat.: specularis), facilmente suddivisibile in lastre piane dello spessore desiderato quando viene tagliato lungo il piano di sfaldatura. Deve il suo nome al fatto che, a partire dall’età romana, è stato utilizzato come elemento trasparente per le finestre, come più economica alternativa al vetro.
Per queste sue caratteristiche è stato oggetto di intensa attività estrattiva e di una commercializzazione ad amplissimo raggio, in modo particolare nei primi secoli dell’Impero. Pompei ed Ercolano mostrano quanto grande fosse la diffusione di questo sostituto del vetro, nel I° secolo, nelle ville dei benestanti. Le fonti storiche ci dicono che le aree di estrazione erano in Spagna, in Sicilia, nei pressi di Bologna, a Cipro e in Tunisia. Il suo impiego si è protratto anche nei periodi successivi, a livello strettamente locale, come nelle città dell’Emilia-Romagna poste in vicinanza dei gessi. A partire dal novembre 2000 sono state individuate, soprattutto nei pressi di Monte Mauro, diverse cave in cui si è praticata, in età romana, l’estrazione del gesso speculare: quelle nella Vena del Gesso Romagnola sono le prime mai scoperte in Italia. Particolarmente evidenti le tracce di escavazioni alla Grotta della Lucerna, così chiamata per il manufatto romano ritrovato. Un ulteriore tassello che si aggiunge alla ricchezza culturale della “Vena”, candidata a diventare, con le altre formazioni gessose del Mediterraneo, “patrimonio dell’umanità” Unesco. |